SANREMO. Sono canzonette, come canta Edoardo Bennato all’inizio della terza serata di Sanremo.
Ma queste canzonette, di ieri e di oggi, fanno ballare ed emozionare.
Al palco dell’Ariston i destini si incrociano e si allontanano.
Dopo 40 anni i Duran Duran tornano al Festival con concentrato di storia pop:
Invisible, Notorious, Ordinary world, Girls on film, Psycho killer e quindi la leggendario Wild boys. E mentre per la band britannica si chiude un cerchio, per l’altra ormai ex band, i Maneskin, questo Sanremo ha il suono di un ulteriore allontanamento. Che sia un addio definitivo? Victoria fa il suo show al basso con Simon Le Bon (che stampa pure un bacio a Katia Follesa). Damiano, invece, al Festival c’è stato ieri, da solo. I due talentuosi musicisti – che dopo la vittoria a Sanremo si sono fatti conoscere in tutto il mondo – sono distanti, lontani. Separati in casa, insomma.
Di questi corsi e ricorsi delle band si ricorderà Samuele Parodi, il bambino di undici che sa tutto di Sanremo. Ma davvero tutto. Risponde a qualsiasi domanda sul Festival. «Chi ha vinto nel 2015?», chiede Conti. «Il Volo con Grande amore», risponde Samuele. E via via domande sempre più difficili, anche dagli ospiti increduli in platea. Il mini tuttologo conosce tutte le canzoni, i regolamenti del Festival e tutti i vincitori. Inoltre, ricorda tutti i conduttori e tutti i podi della storia della kermesse. Il direttore artistico è così impressionato che pensa «di arruolarlo come conduttore per il prossimo anno».
Conti ha invece arruolato per la serata il Teatro Patologico, fondato da Dario D’Ambrosi. Un progetto che aiuta attraverso la recitazione persone con problemi mentali, autistici e schizofrenici. La loro performance è una «bomba per la pace»: «Siamo più forti e più potenti di una bomba atomica: pensate alla Libia, alla Siria, non fanno altro che buttarsi bombe – dice uno degli attori – perché non hanno la forza di guardarsi negli occhi. Noi questa forza qui ce l’abbiamo». Un momento reale, vero, bello. E per questo dobbiamo ringraziare Carlo Conti. «Siamo un luogo magico – dice il fondatore, l’attore e regista Dario D’Ambrosi – perché aiutiamo e salviamo tantissimi ragazzi e così diamo speranza a milioni di famiglie, perché quando sta bene un ragazzo disabile stanno bene mamme, papà, fratelli, nonni, condomini, quartieri. È da qui che dobbiamo partire per migliorare la nostra società».
Il peggio della terza serata
Che fine hanno fatto i giovani? Ce lo siamo chiesti più di una volta, perché fino a mezzanotte e trentacinque della finalissima, tanta cantata e decantata da Conti, non si è vista nemmeno l’ombra. Avremmo gradito vedere prima la sfida tra Alex Wayse e Settembre, vinta da quest’ultimo. Se non in apertura dello show, come è successo invece per le semifinali, almeno a metà. Al contrario si sono visti un po’ troppe volte gli attori di Mare Fuori, che praticamente hanno fatto un abbonamento all’Ariston dove sono di casa. A differenza dello scorso anno – dove hanno portato sul palco «le parole dell’amore» (performance poi criticata da Elena Cecchettin)- stavolta non hanno fatto nulla di più che presentarsi e comunicare le date dell’inizio della nuova stagione.
Anche della gag sull’uomo ideale creato con la (finta) intelligenza artificiali, fatta solo per allungare il brodo di una ventina di minuti, ne avremmo fatto volentieri a meno. Alla fine, l’uomo ideale, scelto combinando i «gusti» di Elettra Lamborghini, Katuia Follesa e Miriam Leone, è Carlo Conti. Sketch forse troppo improvvisato o semplicemente mal riuscito.