Ospite a Che tempo che fa sul Nove, Lucia Annibali ha offerto una riflessione intensa sulla sua esperienza di vita, dalle ferite fisiche e psicologiche subite al percorso straordinario di rinascita. Undici anni dopo l’aggressione con l’acido, la sua voce risuona forte e chiara: «Non parlo di chi mi ha fatto del male, parlo di me. Mi piace raccontare di me stessa e di come ho scelto di riprendermi in mano la vita». Per raccontare la sua storia ha scritto un libro, Il futuro mi aspetta (Feltrinelli), insieme alla scrittrice e giornalista Daniela Palumbo.
L’ospedale, il luogo della scoperta di sé
Il periodo in ospedale, dopo l’aggressione, è stato uno dei momenti più difficili ma anche più trasformativi. «Mi avevano detto che non potevo nemmeno piangere, per il mio bene», ha raccontato. «Il Centro Grandi Ustionati è stato un luogo terribile ma anche bellissimo. Lì ho capito chi sono, cosa posso fare, quali sono le mie risorse. È come se fossi sbocciata, e quell’essere sbocciata mi accompagna ancora oggi».
Con oltre ventisei operazioni chirurgiche alle spalle, Lucia Annibali non ha mai smesso di lottare. «Non avrei avuto la forza di raccontarmi se non avessi scelto me stessa. Ho deciso di rimboccarmi le maniche e mettere al centro la mia volontà granitica. Ogni giorno, questa forza mi aiuta a vivere».
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Lucia Annibali, una vita dedicata alla consapevolezza
Oggi, Lucia Annibali porta la sua testimonianza nelle scuole, parlando direttamente ai giovani. «Non mi limito a raccontare quello che è successo, ma condivido ciò che ho imparato. Cerco di offrire strumenti e invitare i ragazzi a scegliere un modo di affrontare la vita che si riconosca nel mio». L’obiettivo non è solo sensibilizzare i giovani sul tema della violenza, ma anche ispirarli a guardarsi dentro, riflettere sulle proprie emozioni e scelte, e costruire una vita che rispecchi i propri valori più autentici.
Lucia crede fermamente nel potere delle storie personali per far emergere consapevolezza. Raccontarsi, per lei, è diventato un modo di rivendicare la sua identità e il suo percorso di crescita. «Parlo di me perché è l’unica cosa che posso davvero offrire, con sincerità. È importante che ognuno impari a essere fedele a se stesso, anche quando la vita ci mette alla prova».
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Riconoscere e combattere gli stereotipi
Lucia riflette anche sugli stereotipi che alimentano la violenza maschile contro le donne. «Una donna subisce violenza perché incontra un uomo violento, non perché sceglie di subirla. Questo è un concetto fondamentale che bisogna chiarire. Troppo spesso si tende ancora a giudicare le vittime, colpevolizzandole per non essersi ribellate in tempo». Parlando di amori tossici, è altrettanto diretta: «L’amore tossico è tutto ciò che toglie libertà, spegne e opprime. L’amore vero, invece, valorizza e porta felicità».
Investire nell’educazione affettiva: il pensiero di Lucia Annibali
Lucia Annibali ha sottolineato l’importanza di introdurre l’educazione affettiva nelle scuole, una proposta avanzata da Gino Cecchettin. Secondo lei, non si tratta solo di prevenire la violenza, ma di affrontare le radici culturali e sociali che la generano. «La violenza non è solo un fatto privato, ma è profondamente radicata nella struttura culturale, economica e sociale della nostra società». Questo tipo di educazione, dice Annibali, è uno strumento fondamentale per decostruire stereotipi di genere che influenzano il modo in cui uomini e donne vivono le relazioni.
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Annibali pone però una domanda cruciale: chi si occuperà di parlare ai giovani di questi temi? «Serve un pensiero maturo, culturalmente evoluto, che abbia elaborato questi stereotipi. È importante che chi educa sia consapevole del proprio ruolo e preparato a trasmettere modelli di relazione sani e rispettosi». Non basta parlare di amore o violenza in modo generico: occorre costruire un discorso che aiuti i giovani a riconoscere segnali di pericolo, come atteggiamenti possessivi, mancanza di rispetto e comportamenti opprimenti.
Investire in educazione affettiva significa anche promuovere una cultura che metta al centro il rispetto reciproco e la libertà individuale. «L’amore non è ciò che toglie, ma ciò che dà: cura, pazienza, accoglienza. È importante insegnarlo sin da giovani, per evitare che pregiudizi e stereotipi si cristallizzino e diventino terreno fertile per la violenza».
La libertà, la scelta più importante
Nonostante tutto il dolore subito, Lucia Annibali ha scelto di non permettere che l’odio altrui definisse la sua vita. «L’odio lo lascio a chi ha fatto scelte sbagliate. Io scelgo di vivere fedele a me stessa, nel modo migliore possibile». Un messaggio che racchiude non solo il suo percorso di guarigione, ma anche la sua filosofia di vita: non restare prigioniera del passato, ma trasformarlo in una spinta verso il futuro.
La libertà, per Annibali, è una conquista quotidiana, un esercizio di forza interiore e consapevolezza. «Vivere significa scegliere, e io ho scelto di essere me stessa, senza permettere a nessuno di condizionare il mio cammino. È questa la mia responsabilità più grande: vivere al meglio, nel modo più autentico». Rifiutare l’odio e il rancore, per lei, non è solo un atto di coraggio, ma anche una decisione che le ha restituito il potere di costruire la vita che desidera.